Avere risposte o fare domande?

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Forse istintivamente preferiremmo le risposte, che chiudono un cerchio e ci danno un senso di tranquillità. Le domande infatti lasciano in sospeso, e non sempre siamo capaci di lasciare spazio alla realtà perché ci risponda.

Durante il percorso scolastico ci siamo abituati ad avere risposte, tuttavia dare spazio alla curiosità e alimentare una mente curiosa è un vantaggio, oltre che un ingrediente fondamentale per il proprio benessere.

Domandare, chiedere il perché delle cose, informarsi, leggere sono azioni di esplorazione e ricerca che ci aiutano a conoscere il mondo e le altre persone, e soprattutto se stessi.

La curiosità dunque rientra a tutti gli effetti nelle soft skills strategiche, utile in molti contesti professionali e organizzativi, e si articola in alcune dimensioni citate in un articolo del Sole 24 Ore del 2022.

I ricercatori parlano innanzitutto di sensibilità alla privazione, tipica di chi riconosce una propria lacuna di conoscenza e trova il modo di colmarla. La curiosità intellettuale, rientra a pieno titolo nella categoria.

La seconda dimensione è l’esplorazione gioiosa che, fin dall’infanzia, si accompagna allo stupore e spinge a scoprire il mondo intorno a sé.

Vi è poi la curiosità sociale, che rimanda alla relazione con l’altro e prende forma attraverso il dialogo, l’ascolto, l’osservazione e il porre domande.

La quarta dimensione è quella della tolleranza allo stress, che è anche la meno intuitiva. Fa riferimento alla facilità con cui ci si spinge fuori dalla propria zona di comfort, proprio in virtù di un’efficace gestione dei vissuti di ansia e stress che ne derivano.

Infine, la ricerca del brivido, tipica di chi è disposto a correre rischi, che siano fisici, sociali o finanziari. Imprenditorialità, sport estremi, gioco d’azzardo: tutti contesti nei quali l’adrenalina è protagonista.

Alla luce di questa tassonomia, capiamo che questa caratteristica può tutelare e promuovere il benessere psicologico in quanto permette di sospendere il giudizio e aprirsi al nuovo e al diverso da sé. Novità, incertezze e frustrazioni vengono rese più gestibili.

Saper essere curiosi permette anche di approfondire la consapevolezza di sé e andare oltre il conosciuto, in una parola ad essere proattivi anche quando è presente uno stato di malessere psicologico.

Ecco allora che la curiosità andrebbe promossa a tutti i livelli, partendo proprio laddove spesso è una grande assente: le aziende. Se siamo manager chiediamoci: le nostre persone si sentono curiose nel proprio lavoro? Riconosciamo che la curiosità ha uno straordinario valore per tutto ciò che riguarda la soddisfazione, la motivazione, il coinvolgimento e l’innovazione dei collaboratori?

Un alto livello di curiosità va di pari passi con il raggiungimento di alti livelli prestazionali.

Alleniamo quindi la nostra capacità di essere curiosi partendo dagli strumenti che abbiamo a disposizione: domandiamo, viaggiamo, sfruttiamo la Rete, critichiamo in modo costruttivo. Sarà un investimento che ci consentirà di migliorare la qualità del nostro lavoro e contrastare la tendenza ad essere indifferenti, attraverso il nostro contributo specifico e interessato.

2024